Romacinemafest 2017: la recensione di I, Tonya di Greg Gillespie

Come possono gli Stati Uniti farsi rappresentare alle Olimpiadi da una come Tonya Harding? Insomma, voglio dire, guardatela: mascolina, volgarotta, redneck per costituzione, spocchiosa, potenzialmente violenta. Il vero ritratto dell’America, a pensarci bene, eppure qualcosa da cui allo stesso tempo rifuggire. No, non è possibile: Tonya Harding è tutto ciò che l’America non vorrebbe mai mostrare di sè al mondo – eppure ne è il suo ritratto più fedele.

Per chi è cresciuto negli anni Ottanta in America, Tonya Harding è una vera e propria icona: campionessa di pattinaggio sul ghiaccio, nome di punta delle Olimpiadi, temperamento eccessivo e personalità sopra le righe, la signorina Harding è l’antidiva per eccellenza, al centro di tutti i riflettori.

Ma chi è davvero Tonya Harding e perchè la gente non fa che parlare di lei?

Basandosi su due interviste fatte dal produttore Steven Rogers a Tonya Harding e il suo ex marito Jeff Gillooly, Craig Gillespie dirige I, Tonya, un biopic non convenzionale sulla figura controversa della pattinatrice sul ghiaccio e sul suo rapporto conflittuale e violento con la madre, prima, e il marito, poi.

In I, Tonya, Margot Robbie è Tonya Harding, una giovane pattinatrice sul ghiaccio che non riesce ad ottenere il successo che merita per via delle sue origini modeste e del suo atteggiamento spocchioso e mascolino. Tonya, però, è un vero talento che non merita di essere sprecato. Le cose, infatti, vanno bene per un po’, ma poi Tonya incontra Jeff, i due si innamorano e lui la allontana spesso dai suoi obiettivi principali, perchè è un uomo violento, possessivo, pericoloso e lei è molto più fragile e manovrabile di quello che sembra.

Il film parte da queste interviste e si concentra, da un certo momento in poi, sullo scandalo che ha reso famosi i coniugi Gillooly all’inizio degli anni Novanta e che ha fatto, alla fine, aprire gli occhi a Nancy sulla vera natura di suo marito. Alla fine, però, e non finalmente, perchè quando ci si sveglia da un torpore come il suo è sempre troppo tardi.

Con uno stile che resta sempre in bilico tra dramma e commedia, il film di Gillespie ci dimostra come, ancora una volta, sia profondamente sbagliato giungere a conclusioni affrettate, perchè la verità è troppo complessa per ridurla a una semplice presa di posizione.

Sulla base di questo, I, Tonya non è semplicemente la biografia non ufficiale di una delle figure più controverse della storia americana, ma anche un gigantesco riflettore puntato sulle contraddizioni della società contemporanea, fatta di apparenze, di forma, di anelito alla perfezione e dell’impossibilità, già in partenza, di avvicinarsi anche solo per un’istante ad essa. Questa è l’America di Tonya Harding: la facciata decorata da mostrare nelle grandi occasioni, il giardino curato antistante a una bettola di periferia, la rappresentazione della “tipica” famigliola felice americana lì dove, invece, regnano violenza, ignoranza e omertà.

L’America è tutto questo. La terra delle contraddizioni. Il posto in cui la gente – dice Tonya – vuole qualcuno da amare, ma anche qualcuno da odiare. E quelli che mi odiano mi dicono sempre “Tonya, dì la verità”. Ma non c’è una sola verità, sono tutte stronzate.

I, Tonya
7Overall Score
Regia7
Sceneggiatura7
Fotografia7
Colonna sonora8
Recitazione8
Reader Rating 1 Vote
7.5