Libro Rotto: intervista a Luca Buoncristiano

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“Ci sono due realtà nella mia vita. Una è quella in cui faccio un lavoro ordinario, forse neanche troppo, lontano dalla letteratura. E poi c’è la scrittura che è lo specchio che non riflette la realtà ma la attraversa. Questo libro è tutto quanto c’è al di là dello specchio.”

Luca Buoncristiano

Per chi non ha idea di chi sia, Luca Buoncristiano è uno scrittore italiano, anche se scrittore – a mio avviso – è veramente troppo riduttivo. Luca è un artista che scrive e disegna cose bellissime e drammatiche insieme e le trasforma in libri. E questo libro, Libro Rotto, è un’esperienza multisensoriale, uno di quei libri che ascolti e guardi, mentre li leggi. Un’esperienza incredibile e che tutti voi dovreste fare, almeno una volta nella vita. Perché di scrittori come Luca, qui in Italia, non se ne vedono mica facilmente. Perché un libro come Libro Rotto non esiste.

Ho conosciuto Luca qualche tempo fa, tramite il suo alter ego di nome Joe, Joe Rotto. Abbiamo parlato di cinema, musica e letteratura e poi di questo Libro Rotto, allora in imminente uscita. Ho conosciuto Luca, Joe Rotto e letto, poi, Libro Rotto e nel giro di pochi mesi mi sono ritrovata a citare le sue frasi, a sottolineare interi passi del romanzo, a piangere e ridere per ciò che incrociavo lungo quelle pagine. E poiché mai come adesso c’è bisogno di penne come la sua, mi sembra giusto che lo conosciate anche voi, adesso che il libro è finalmente edito e potete acquistarlo su Amazon.

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Allora, Luca, visto che le interviste non so farle, mi piacerebbe che cominciassi a parlare tu. Chi è l’uomo dietro Joe Rotto? Da dove viene e come è arrivato fino a qui?

Tutto è cominciato con un blog su cui scrivevo tanti anni fa. La piattaforma era Splinder e lì si riversavano tutti gli scrittori o aspiranti tali. Su questo blog scrivevo piccoli racconti, frasi, pensieri anche osceni. Poi un giorno, mentre ero in ufficio, mi sono messo a scarabocchiare su un foglio e ne è venuta fuori un’immagine e quell’immagine ho deciso di inserirla nel blog, per far sì che diventasse la maschera dietro la quale poter continuare a scrivere. Ho dato un volto alla mia letteratura. Ecco come è nato Joe Rotto e come è diventato la mia maschera, che ormai uso da tantissimo tempo.

Dopo un po’, però, ho cominciato a non accontentarmi più, volevo che Joe Rotto diventasse qualcos’altro. Non una graphic novel, ma una specie di ibrido a metà tra illustrazione e letteratura. E così è nata l’idea di Libro Rotto. Sono tantissimi anni che lavoro a questo testo, tra pieni e vuoti, ma ho cominciato a farlo sul serio praticamente quattro anni fa. È stato un percorso necessario, direi quasi vitale. Nel senso che è riuscito proprio a salvarmi, in momenti molto delicati della mia vita.

Questo personaggio, Joe Rotto, è sempre stato così come te lo immaginavi o ha avuto una sorta di trasformazione negli anni?

Joe Rotto, in fondo, è sempre stato così, anche il suo humour nero. Rotto nasce così ed è così da sempre. E il motivo per cui ci rappresenta così tanto è che tutti, in fondo, siamo un po’ rotti, se ci pensi. Ma se per noi questa cosa può rappresentare un handicap, per lui – che non ha niente di umano – è un punto di forza.

A questo punto ti chiedo anche chi è Joe Rotto veramente: la sensazione che ho avuto, personalmente, è che il suo aspetto sia quasi inconsistente – e per questa ragione quando lo leggi ti sembra quasi che non esista, che sia stato tu stesso a partorirlo. Chi è Joe Rotto, secondo Luca?

Joe Rotto è un’entità, un vuoto. Un vuoto a prendere. Se dovessi immaginarmelo in un film, mentre gli altri personaggi li immagino tridimensionali, Joe Rotto me lo immagino sottile come un foglio di carta, bidimensionale.

Joe Rotto è un foglio bianco, è una maschera, appunto. La togli e sotto non trovi niente, ma chiunque legga questo romanzo può leggerla e indossarla e vedere il mondo attraverso le sue orbite vuote.

Joe Rotto Sid 2La struttura del romanzo, una storia inframmezzata da mille racconti, mi ha fatto pensare a una cosa bellissima – per quel che mi riguarda: Luca Buoncristiano – e il suo Joe Rotto – non è figlio del mercato italiano. Lo stile del libro, secondo me, è più figlio della letteratura americana e della Beat Generation. Ci ho letto Allen Ginsberg, ma non solo. Dentro c’è il gonzo di Hunter Thompson, il road novel di Neil Gaiman (vedi American Gods) e, ovviamente, Bukowski (Joe Rotto mi ricorda un po’ il protagonista di Pulp). È solo una mia sensazione?

Ho letto tantissimi libri nella mia vita, ma la letteratura americana del Novecento è forse quella che amo di più. Hemingway, Fitzgerald, fino ad arrivare ovviamente alla Beat Generation, e poi Bukowski, Pynchon, Ellis, Wallace. In qualche maniera volevo che questo romanzo fosse un road novel di questo tipo, sono felice di vedere che sia arrivato questo messaggio. Se devo trovare un fonte di ispirazione del Libro Rotto mi viene in mente Paura e Disgusto a Las Vegas, proprio per come è stato pensato il libro: in quel caso, i testi erano di Hunter S. Thompson e i disegni di Ralph Steadman.

In generale, comunque, il mio lavoro trae ispirazione anche dalla musica e dal cinema, oltre che dalla letteratura. Ci sono citazioni, furti, rimasticamenti, a volte semplici spunti, ma direi che musica, cinema e letteratura insieme hanno reso possibile tutto questo.

Inoltre giocando con i miti, ambisce ad avere una portata internazionale. Potrebbe essere letto e compreso anche fuori dall’Italia.

Libro Rotto racconta la storia di un essere misterioso, Joe Rotto, che “sbarca il lunario” appagando le dipendenze dei personaggi famosi. Perché “il mondo è fatto di dipendenze. E lui è qui per questo”. Il mio personaggio preferito di Libro Rotto è Charlie Brown, così surreale da diventare commovente. Al punto che anche Joe, se non ricordo male, sembra avere uno slancio di “affezione” nei suoi riguardi. Forse perché, come hai scritto tu, Charlie è un bambino che “non era riuscito ad essere bambino” e in questa frase è facile immedesimarsi, io per prima mi ci sono immedesimata. Tu ti ritrovi in questa frase? C’è un personaggio a cui, mentre scrivevi, ti sei legato maggiormente?

Forse anche per me Charlie Brown è il personaggio preferito, anche perché con i fumetti di Schulz ci sono cresciuto. Charlie Brown è il perdente per antonomasia e in un certo senso da ragazzino quel personaggio un po’ mi apparteneva. “Essere bambini non dura il tempo di diventare adulti” scrivo anche.

Volevo rendergli omaggio a modo mio e se ci pensi non può che fare quella fine, uno sfigato come lui. Ecco, io volevo raccontare tutto quello che sarebbe venuto dopo nella sua esistenza e volevo che questa esistenza fosse reale, plausibile. Personaggi citati nel libro, come Axl Rose o Michael Jackson, sono reali, esistiti, puoi documentarti e romanzare le loro storie, ma sono lì, pronte. Nel caso di Charlie Brown no, non sai nulla di lui, se non quello che ha scritto Schulz. Chi è Charlie Brown dopo i Peanuts? Cosa gli succede quando muore Snoopy? Sarà pure morto quel cane ad un certo punto. E’ stata una sfida. Così come è stata una sfida parlare di Alice. Perché mettersi nella testa di una picchiatella di quindici anni non è uno scherzo.

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Visto che hai parlato di musica, che tipo di musica hai ascoltato – se ne hai ascoltata – per scrivere questo libro?

Cerco di ascoltare musica il più possibile, perché è parte integrante della mia vita. Non ho limiti, da Elvis agli N.W.A. Quando la ascolto cerco di ascoltare qualsiasi cosa e spesso mi chiudo con la stessa canzone per giorni, anche settimane. Con Libro Rotto spesso è andata proprio così: ho ascoltato lo stesso brano per giorni e giorni, perché mi dava anche un ritmo.

Parto dalla mia frase preferita del romanzo: “L’umanità non è altro che una moltitudine di esseri che si affannano come ciechi dalla fame ed io aspetto solo che si sbrighino a morire che qui si sta facendo davvero tutto troppo affollato”. Libro Rotto può essere anche una critica alla società contemporanea, fatta di cartone, corruzione e bugie?

In un modo o nell’altro, il libro finisce per essere una critica alla nostra società. Io credo che l’unica misura dell’essere umano sia la disperazione, per me è il sentimento che dà la misura dell’esistenza. La gioia dura troppo poco e ti accorgi di averla provata solo dopo che è passata, mentre il dolore lo vivi sempre. Con ciò non sto rivalutando le pene d’amore o l’indignazione per le catastrofi in giro per il mondo. Quella non è disperazione, quella è la mediocrità che, indignandosi, da voce a se stessa. Questo romanzo è un affresco della fine del Novecento ma finisce per avere sbocchi anche nella società di oggi. Ho scelto di fare un lavoro sui miti perché i miti ti consentono di lavorare sull’assoluto. Jackson è comunque più famoso di Gesù Cristo. Vai in Vietnam e ti sapranno dire chi è Michael Jackson ma non Gesù. Oggi, che non abbiamo più personaggi singolari come Michael Jackson, ci troviamo di fronte a una moltitudine di “casi umani”: stiamo diventando noi stessi Michael Jackson, senza averne un briciolo di grandezza. Viviamo in una società fatta di zombi che mettono i filtri a delle foto per rendersi più belli mentre non si rendono conto che stanno abbellendo solo le proprie lapidi. Cosa è Facebook se non un cimitero irrequieto? La nevrosi dei non vivi.

In ogni caso, il Libro Rotto vuole dare una visione poetica del dolore e della disperazione umana.

Spero di non fare spoiler dicendo che questo è un libro senza fine, perché una fine non può esserci e perché in fondo Joe Rotto stesso è infinito. Lo hai sempre pensato così perché credi in un seguito oppure è stato tutto “naturale”?

La storia di questo romanzo, se ci fai caso, non è neanche lineare: è ellittica, una spirale, e come tale non può non avere una fine propriamente detta. Dentro di me, le storie di Joe Rotto sono infinite e per questo il mio desiderio è che abbia un seguito. Anche perché se è vero che il mondo è fatto di dipendenze, finché ce ne saranno Joe Rotto continuerà ad esserci.

joe rotto - sidL’uscita con una casa editrice indie (El Doctor Sax) mi fa pensare da un lato “Che peccato, un autore come Luca meriterebbe un respiro più ampio di questo”, però dall’altro lato mi fermo e mi dico “No, Joe Rotto, non potrebbe vivere se non così”. Perché per me Rotto è come una rockstar underground, come se fosse figlio di una sottocultura punk che ormai non esiste più (chissà se è un caso che la copertina ricordi quella dei Sex Pistols).

È vero. Uscire con un libro in Italia è un’impresa quasi impossibile, a meno che non ti metti a raccontare le solite crisi di una famiglia borghese fatte di donne nevrotiche e uomini falliti oppure di adolescenti irrequieti. Libro Rotto è rimasto, invece, un libro puro, perché nessuno ci ha messo mano prima di pubblicarlo – cosa che invece farebbero le case editrici più grandi. L’editoria, in questo paese, è un mondo osceno, anche per me che in fondo ho già pubblicato due libri (Mary e Joe, Fazi editore, Panta Carmelo Bene, Bompiani). Per questo sono felice che El Doctor Sax, la mia casa editrice, abbia la sua sede in Spagna, un po’ come i romanzi della Beat Generation che uscivano in Francia perché in USA erano vietati. Gabriele Nero, l’editore che è a capo di El Doctor Sax, sta anche pensando di tradurlo in inglese e in spagnolo.

Questo libro sarebbe perfetto come soggetto per un film. Hai mai pensato a una trasposizione per il cinema?

Visto quello che dicevamo sul discorso delle dipendenze, Libro Rotto può diventare anche una serie tv, considerando tutto quello che puoi tirarci fuori. Il libro l’ho scritto con una visione molto chiara, nella mia testa, e con una colonna sonora precisa di sottofondo. È un libro molto visivo, un vero e proprio incrocio di tre arti (musica, cinema e letteratura). Mi piacerebbe che venisse fuori un film o un telefilm con lo stile Sin City. Sai cosa mi piacerebbe anche? Che qualcuno lo leggesse in radio perché Joe Rotto è così presente da essere una voce.

Di seguito, il book-trailer di Libro Rotto: