Romacinemafest 2017: Chuck Palahniuk incontra la stampa
“Quando Fight Club è uscito al cinema è stato un vero fiasco. Il film è rimasto nelle sale per 15 giorni ma non ha raggiunto neanche lontanamente il budget servito per girarlo. E non è che il libro fosse andato meglio, 3 anni prima. Per questo mi fa molto strano quando la gente mi parla di “grande successo di Fight Club”. Per noi non è stato un successo, ma un fallimento totale”. Con queste parole Chuck Palahniuk ha aperto l’incontro con la stampa questa mattina alla Festa del Cinema di Roma. Lo scrittore di Portland, nato e cresciuto tra Pasco e Burbank, nelle campagne di Washington, sarà presente oggi al Festival per raccontarsi ai suoi fan e discutere insieme a loro delle sue passioni, inclusa quella per il cinema horror.
Ma com’è possibile, quindi, che Fight Club sia diventato così famoso, nonostante il fiasco iniziale? “Il successo di cui tutti parlano – ha continuato Palahniuk – è dovuto alla FOX, che due anni dopo l’uscita nelle sale realizzò un bellissimo cofanetto in DVD e lo lanciò sul mercato: la vendita dell’home video superò sensibilmente le visioni al cinema e salvarono, fortunatamente, tutta la produzione”.
Fight Club è diventato un cult, nulla da dire a riguardo. E forse a ragione, perché il lavoro fatto da David Fincher (il regista del film) con cast, sceneggiatura e messinscena è sorprendente, nel vero senso della parola: “Trovo che David Fincher – ha detto Palahniuk alla stampa – sia un ottimo regista, una persona davvero brillante, intelligente, che sa quello che vuole e come renderlo sullo schermo. Lasciate che vi racconti questo aneddoto: durante la preproduzione di Fight Club, Edward Norton aveva una relazione con Courtney Love, che voleva disperatamente interpretare Marla Singer. E fece davvero di tutto per farsi notare: si vestiva in un certo modo, parlava e si muoveva in un certo modo. Ma David Fincher aveva le idee chiare: per lui quel ruolo doveva essere di Helena Bonham Carter. Inizialmente trovammo un po’ tutti la scelta fuori luogo, poi lui ci disse: “Mi piacerebbe dare a Marla Singer l’aspetto di Judy Garland… poco prima che morisse. La Carter sarebbe perfetta!” Inutile dirlo: aveva ragione lui”.
Nella sua carriera, però, Palahniuk è stato molto altro che semplicemente l’autore di Fight Club: i suoi libri (Invisible Monsters, Cavie, Dannazione, Soffocare, Survivor – solo per citarne alcuni) sono un vero e proprio manifesto della letteratura americana contemporanea, cruda, diretta, violenta e figlia di penne come Mark Richard e Bret Easton Ellis. Il suo stile è unico, incredibilmente freddo, eppure trasuda dolore, passione, amore per la scrittura e la letteratura, amore che ha provato a coltivare, da giovane, studiando giornalismo (in un’epoca in cui, però, nessuno ti pagava per scrivere sui giornali) e che ha riscoperto negli anni, mentre lavorava in fabbrica, grazie ad alcuni corsi di scrittura creativa.
Ad oggi, Palahniuk è forse uno degli autori più interessanti e controversi della letteratura contemporanea, uno di quelli che puoi amare o odiare, non esistono mezze misure (non che lui le ami, le mezze misure, tutt’altro): “Quando scrivo un libro – ha dichiarato Palahniuk – non penso mai ad un’eventuale trasposizione cinematografica. Per me sono due cose completamente diverse. Chi approccia ad un libro, fa uno sforzo che chi guarda un film non è tenuto a fare, serve immaginazione, attenzione, impegno ai massimi livelli. Quando scrivo un libro, so che posso utilizzare un registro di un certo tipo, magari più crudo, più violento, un registro che so che nessuno trasporrebbe mai in un film”.
È questo il grande potere dello scrittore, raccontarti qualcosa che sta alla tua immaginazione trasformare in “realtà”, senza tramiti o supporti visivi di alcun tipo. È sempre Palahniuk, infatti, a dire che “Il mio lavoro, da scrittore, è quello di mostrare a chi legge quanto può essere potente una storia. Se arriva a sconvolgerti al punto che non riesci più a dimenticarla, allora vuol dire che ho realizzato il mio scopo. Tanta gente mi dice che le mie storie sono troppo violente, crude, pesanti, ma se solo sapeste le storie vere che mi racconta la gente, credetemi, i miei libri vi sembreranno delle favole”.